Un uomo, Jean-Claude Romand, ipoteca la sua vita ad una menzogna. Per 18 anni nasconde la verità a chiunque, compreso se stesso. Si inventa una laurea in medicina e un prestigioso lavoro all’OMS ma in realtà trascorre le sue giornate a passeggiare nei boschi, all’insaputa della famiglia e degli amici. Quando infine rischia di essere scoperto compie un gesto estremo: uccide la moglie, i figli e i genitori e poi tenta il suicidio.
Un altro uomo, lo scrittore Emmanuel Carrère, si appassiona alla sua storia e decide di raccontarla, cercando di ricostruire la genesi della personalità de “L’avversario”.
Tre motivi per leggerlo:
1- Per capire che il male non è un’entità monolitica ma un grumo inestricabile di odio e dolore mescolati agli altri sentimenti. E che c’è altro fuori dal binomio crimine-perdono.
2- Per l’umanità che possiamo trovarvi: l’umanità di Romand, carnefice degli altri ma vittima di se stesso, e l’umanità di Carrère, che con totale sincerità racconta una storia da cui è attratto e respinto allo stesso tempo.
3- A metà tra reportage e diario di impressioni, con questo libro Carrère inaugura la sua svolta della biofinzione (di cui ho già parlato qui e qui), perciò è un ottimo punto da cui iniziare per scoprire la sua produzione.